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Segue ulteriore documentazione tratta in The Shadow of the Dalai Lama – Part II - 8 “Magic as a political instrument.” by Victor e Victoria Trimondi.

 

Victor e Victoria Trimondi

La magia come strumento politico

Traduzione alla cura di Lorella Binagli

 

Con la sua fuoriuscita dal Tibet (nel 1959), il "XIV Dalai lama” (Tenzin Gyatso) ha negoziato la scena politica e culturale internazionale come un sensibile uomo del mondo democratico e illuminato. Che ovviamente rivendica tutte le "virtù" occidentali dell'umanesimo, la libertà di opinione, argomento razionale, fede nel progresso tecnico e scientifico, eccetera e si ha l'impressione che egli sia un presidente di mentalità aperta e moderna di una nazione (artificiale) moderna, che coniuga magistralmente la sua cosmopolita base spirituale, ed elevato sistema etico. Ma questa pratica facciata razionale è ingannevole. Alle sue spalle si è stabilizzata una convinzione profondamente radicata nei poteri soprannaturali e in pratiche magiche che eserciterebbero un'influenza determinante sugli eventi sociali e politici.

 

Invocazione di demoni

Da tempo immemorabile la magia rituale e la politica sono state una cosa sola in Tibet. Gran parte di queste pratiche magiche sono dedicate all'annientamento dei nemici e soprattutto alla neutralizzazione degli oppositori politici. L'aiuto dei demoni era necessario per tali fini. Ed è comune ovunque presso il Paese delle Nevi traboccante di divinità terrifiche, spiriti fatidici, vampiri, demoni, dee vendicative, diavoli, messaggeri di morte o entità simili, che, nelle parole di Matthias Hermanns, "invadono del tutto i lievi e buoni elementi del Buddismo rivelando i loro vantaggi" (Hermanns, 1965, p. 401).

 

Per tale motivo, invocazioni di demoni non erano affatto rari casi né erano limitati alle sfere della vita personale e familiare. Erano in generale tra le funzioni preferite dai lama. Quindi, la "demonologia" era un'alta scienza insegnata nelle università monastiche, e i rituali in rapporto con gli spiriti maligni erano - come vedremo tra poco - una funzione importante dello stato lamaista. [1]

 

Ai demoni che appaiano sono offerti gli oggetti appropriati alla loro lussuria come un sacrificio, ogni classe di diavolo ha un proprio gusto particolare. René von Nebesky-Wojkowitz descrive una serie di specialità culinarie tra i "libri di ricette demoniache" dei lama: dolci a base di farina scura e sangue; cinque diversi tipi di carne, tra cui carne umana; il cranio del bambino di una relazione incestuosa pieno di sangue e semi di senape; la pelle di un ragazzo; ciotole di sangue e cervello; una lampada riempita di grasso umano con uno stoppino fatto di capelli umani; e una pasta composta da miscela di fiele, cervello, sangue e viscere umane (Nebesky-Wojkowitz, 1955, p. 261).

 

Una volta che gli dei avevano accettato il sacrificio si ponevano a disposizione del padrone rituale. La divinità protettrice a quattro braccia, Mahakala, è considerata un aiuto particolarmente attivo quando viene alla distruzione dei nemici. Nella nazione conta la sua emanazione sanguinaria, chiamata Kschetrapala dalle sei braccia. Il mago in carica scrive i mantra del dio della guerra su un pezzo di carta con inchiostro d’oro o di sangue tramite la lama di una spada e con i desideri che egli spera di ottenere in concessione incominciando l'invocazione.

 

Verso la fine degli anni quaranta un lama Gelugpa ha inviato Kschetrapala in battaglia contro i soldati cinesi. Fu prodotta una torta sacrificale (o torma) alta più o meno tre metri. Questa fu poi data alle fiamme fuori Lhasa e mentre i sacerdoti abbassavano il loro striscione di vittoria il demone si liberò e volò in direzione del confine distrettuale minacciando con il suo esercito. Una vera e propria battaglia degli spiriti avvenne lì, un "demone cinese a nove teste", si afferma abbia aiutato i comunisti in tutte le questioni riguardanti il Tibet apparendo sul campo di battaglia. Entrambi i principi spirituali il tibetano e quello dell’esercito centrale cinese sono stati nemici mortali per secoli. Ovviamente da questa battaglia finale dei demoni quello a nove teste fu il vincitore.

 

I soldati cinesi sostengono che 21 persone siano state uccise in questo rituale nemico in modo che i loro organi potessero essere utilizzati per costruire l'enorme torma. I parenti delle vittime lo avrebbero testimoniato (Grunfeld, 1996, p. 29). Ora, si potrebbe a buon diritto dubitare delle accuse dell’esercito cinese ma queste non contraddicono la logica dei riti guerrieri lamaisti che sono registrati in numerosi testi tantrici.

 

Allo stesso modo a metà del secolo scorso, ai cappelli gialli del monastero Samye fu commissionato dal governo lamaista tibetano il compito di catturare l'esercito dei grandi demoni rossi tsan per poi inviarli contro il loro nemico. Questo strumento magico, una rete di molti fili colorati, si trovava su una base a più piani ciascuno della quale fu riempito con sostanze tantriche come ossa e crani umani, armi del delitto, le punte di nasi, cuori, e le labbra degli uomini che morirono di una morte innaturale, piante velenose, e cose simili. La miscela ripugnante avrebbe attirato lo tsan come una falena verso una candela, in modo che lo spirito fosse inevitabilmente catturato in incantesimo nella trappola allestita (Nebesky-Wojkowitz, 1955, p. 258). Dopo sette giorni di meditazione profonda un alto lama fu pronto per dare il comando al demone impostato contro il nemico.

 

Tale rito si afferma abbia provocato un terribile terremoto e grande panico in Nepal in principio, quando la regione del Tibet era in guerra con i nepalesi. L'esperienza ha mostrato, tuttavia, che a volte occorre molto tempo prima che gli effetti di tali riti nocivi si facciano sentire. Per il successo ci vollero due decenni dopo l'occupazione inglese del Tibet (nel 1904) prima che ci fosse un terremoto nella provincia indiana del Bihar in cui un certo numero di soldati britannici persero la vita. I tibetani inoltre attribuiscono quella catastrofe ad attività magiche che furono condotte prima dell'invasione inglese.

 

Magia nera

La pratica ampiamente conosciuta in magia nera consistente nel fare un ritratto di un nemico o una bambola al suo posto, per torturarlo o distruggerlo è diffusa nel Buddismo tibetano. Di solito, una sostanza appartenente all'avversario, che si tratti di un capello o un campione del suo abbigliamento è incorporato nell’oggetto che rappresenta il nemico. È tuttavia sufficiente annotare il suo nome su un pezzo di carta. Poiché a volte è difficile trovare gli ingredienti che sono necessari per un rito distruttivo efficace, come dimostra il seguente rito buddista: "Disegnare un diagramma per magia rossa a forma di una mezza luna, quindi scrivere il nome e la stirpe della vittima su un pezzo di cotone che è stato usato per coprire il cadavere di una vittima di peste. Come inchiostro, utilizzare il sangue di un ragazzo bramino dalla pelle scura. S’invochino le divinità protettrici e si tenga il pezzo di materiale in un fumo nero. Poi lo si adagi nel diagramma magico oscillando un pugnale magico fatto di ossa di un appestato, si reciti l'incantesimo appropriato per centomila volte. Poi si metta il pezzo di materiale là dove la vittima fa il suo accampamento notturno" (Nebesky-Wojkowitz, 1955, p.260). Questo induce alla morte della persona. [2]

 

Lo stesso testo rituale comprende una ricetta per incentivare la follia: "disegnare un cerchio magico bianco sulla cima di una montagna e posizionare la figura della vittima in esso preparando delle foglie mortali di un albero velenoso. Quindi scrivere il nome e la stirpe delle vittime in questa figura con il bianco della resina di sandalo. Tenerla nel fumo di grasso umano bruciato. Mentre si recita l'incantesimo del caso, prendere un pugnale in osso del demone con la mano destra e toccare la testa della figura con esso. Infine, lasciarlo alle spalle di un luogo dove le demonesse Mamo hanno l'abitudine di radunarsi "(Nebesky-Wojkowitz, 1955, p. 261).

 

Tali "pratiche di magia nera" erano prodotti rari e malsani della setta Nyingmapa o dei disprezzati pre buddisti bonpo. Sotto il quinto Dalai Lama diventarono parte della politica elevata dello Stato lamaista. Il "Grande Quinto" (Dalai lama) ha avuto un terribile "libro di ricette" (il manoscritto d'oro) registrato sul thangka nero che fu esclusivamente iscritto di tecniche magiche per la distruzione di un nemico. In esso un certo numero di variazioni sul cosiddetto rituale gan po sono allo stesso modo descritte: un uomo o una donna raffiguranti le vittime sono disegnate nel centro di un cerchio. Queste sono incatenate con catene pesanti intorno alle mani e ai piedi. Attorno alle figure del maestro tantrico si scrivono parole nocive come le seguenti. "La vita dal cuore è tagliata, il corpo è tagliato, il potere è tagliato…" (Nebesky-Wojkowitz, 1993, pag. 483). Questo significa che i parenti della vittima saranno distrutti. Ora il sangue mestruale di una prostituta deve essere gocciolato sulle magie, i disegni sono corredati da capelli e unghie. Secondo alcuni testi, un po' di sporco è raschiato da una scarpa, o da qualche intonaco dalla casa della vittima possono essere sufficienti. Allora il padrone del rito piega la carta in un pezzo di stoffa. Il tutto viene introdotto in un corno di yak con ulteriori ingredienti orribili che preferiamo non elencare. Guanti devono essere indossati quando si conduce il rito, in quanto le sostanze possono avere effetti più nocivi sul mago, se entrano in contatto con lui. In un cimitero si supplichi un esercito di demoni a scendere sul corno e impregnarlo con la loro energia distruttiva. Poi il corno è sepolto sulla terra del nemico, che muore poco dopo.

 

Il "Grande Quinto" si suppone che abbia eseguito un rituale di magia nera per la sconfitta dei Kagyupa e del clan Tsang nel tempio del monastero di Ganden. Egli considerava, "i loro spiriti offuscati da Mara per la loro devozione al Karmapa" e nemici della fede (Ahmad, 1970, p. 103). Nel rituale, un ritratto del principe di Tsang, sotto forma di una torma (torta di pasta) è stato impiegato. Incorporato nella figura della pasta c’erano il sangue di un ragazzo caduto nelle battaglie, carne umana, la birra, il veleno, e così via. 200 anni dopo, quando i tibetani andarono in guerra con i nepalesi, i lama fecero un “sostituto” (effige o bambola) del comandante dell'esercito nepalese e condussero un rito distruttivo in tale modo. Il comandante morì poco dopo e i piani per l’invasione dell'esercito nemico fu abbandonato (Nebesky-Wojkowitz, 1993, pag. 495).

 

Tra le altre cose, la magia tibetana si fonda sull'esistenza di una forza o energia posseduta da ogni essere vivente e che è conosciuta come “la”. Tuttavia, questa energia vitale non deve essere memorizzata all'interno di una persona ma si trovi completamente al di fuori di lei, in un lago, una montagna, un albero, o un animale, per esempio. Una persona può anche avere diversi “la”. Se uno dei suoi centri energetici viene attaccato o distrutto la persona è in grado di rigenerarsi se sta al di fuori. Tra aristocratici e alti lama possiamo trovare il “la” in animali "reali" come il leone delle nevi, orso, tigre o, elefanti. Per la "classe media sociale" abbiamo animali come il bue, cavallo, yak, pecora, o mulo, e per le classi inferiori il ratto, cane e scorpione. Il “la” può anche tenere in vita una famiglia, una tribù, o un intero popolo. Ad esempio, il lago Yamdrok è detto contenga l'energia vitale della provincia tibetana e vi è un detto che tutto il popolo morirebbero se questo andasse a secco. Vi è, infatti, una voce tra i tibetani in esilio che, i cinesi abbiano in programma di drenare tutto il lago (Tibetan Review, gennaio 1992, pag. 4).

 

Se un maestro di tantra vuole mettere un nemico fuori combattimento attraverso la magia, allora deve trovare il suo “la” e lanciare un attacco rituale su di esso. Questo naturalmente è anche per gli avversari politici. Se l'energia vitale di un nemico è nascosta in un albero, per esempio, allora ha senso farlo cadere. L'avversario immediatamente crollerà. Ogni lama dovrebbe in linea di principio essere in grado di localizzare il “la” di una persona tramite l'astrologia e la chiaroveggenza.

 

Armi meravigliose in magia

Nelle armerie del Kalachakra Tantra e del "Grande Quinto" troviamo la "ruota magica con i raggi a spada" descritta da un lama contemporaneo con le seguenti parole: "E' un’arma magica di efficacia spaventosa, una grande ruota con otto spade dai bordi affilati come rasoi, e i suoi raggi come spade. I nostri maghi l’impiegarono molto tempo fa nella battaglia contro gli intrusi stranieri. La ruota è stata accusata di possedere forze magiche che distruggono il nemico. Essa volò filando attraverso l'aria sulle truppe nemiche e le sue punte in rapida rotazione falciarono i soldati a centinaia. La devastazione operata da questa arma era così terribile che il governo proibì che non fosse mai più utilizzata nuovamente. Le autorità hanno anche ordinato che tutti i piani per la sua costruzione siano distrutti"  (Nebesky-Wojkowitz, 1955, p. 257).

 

Un ulteriore dispositivo magico messo in uso sotto il XIV Dalai Lama, si trovava in un monastero dei Cappelli Gialli vicino a Lhasa (Kardo Gompa). È stato denominato "mulino mortale dei demoni" e consisteva di due piccole pietre rotonde di cui quella posta superiormente poteva essere ruotata. René von Nebesky-Wojkowitz riferisce come un lama iniziò ad adoperare questa macchina di morte nel 1950, all'inizio del conflitto con il governo centrale cinese: il "mulino mortale dei demoni" fu impiegato dal governo lamaista tibetano per uccidere i capi del partito avversario. Un sacerdote che era particolarmente esperto nelle arti della magia nera fu nominato dalle autorità lamaiste per utilizzare lo strumento. In meditazioni estese per settimane cercò di trasferirsi sull'energia vitale (la) del popolo che avrebbe ucciso con un certo numero di semi di senape. Se notava indicazioni della sua riuscita, poi gettava i semi tra le pietre schiacciandoli. .... La forza di sterminio che emanava da questo apparecchio magico avrebbe anche avuto il suo effetto sul mago che operava con essa. Alcuni maghi, si dice che morirono dopo aver girato il "mulino mortale dei demoni" (Nebesky-Wojkowitz, 1955, pp. 257-258).

 

Il Quinto Dalai Lama era un appassionato e un maestro di rituali magici in politica. Ha tracciato una distinzione nelle cerimonie che ha condotto tra continue e annualmente ripetute manifestazioni statali ed eventi speciali per lo più in lotta contro il suo nemico. I suoi "rituali erano una questione di potere; spirituale e politico", scrive Samten Karmay ... e ci troviamo in quell’arena agli albori della storia moderna in Tibet (Karmay, 1988, pag. 26).

 

Il dio-re (Dalai lama) era fermamente convinto che dovesse le sue vittorie politiche in primo luogo alla "profonda potenza dei riti tantrici" e solo secondariamente per l'intervento dei mongoli (Ahmad 1970, p. 134). Secondo un documento Kagyupa, l'occupazione mongola del Paese delle Nevi fu realizzata dal lavoro di nove terroristi che furono liberati dai Gelugpa alla condizione che questi recuperassero le orde mongole per proteggere il loro ordine in Tibet. "Ma nel processo portarono tanta sofferenza sulla nostra terra", si legge alla fine del documento (Bell, 1994, pag. 98).

Le visioni e le pratiche ossessionanti in magia del quinto Dalai Lama sono - come abbiamo già accennato – registrate in due volumi che egli scrisse: in primo luogo sigillati nella Secreta Biografia e nel Manoscritto d'Oro. Questo libro riccamente illustrato di rituali, che ricorda i famigerati Grimori (libri di magia) del Medioevo europeo, era, nelle parole del maestro, scritto "per tutti coloro che desideravano fare disegni e dipinti dei cieli e di divinità" (Karmay, 1988, pag. 19). [3]

 

disegno in manoscritto d oro V Dalai lama

Disegno magico tratto dal Manoscritto d'Oro del V Dalai lama

( Vedere anche in http://budda.net.pl/amulety.htm )

 

Non abbiamo alcuna conoscenza diretta di tutti le moderne "pratiche di magia nera", svolte dal XIV Dalai Lama che ha scelto il "Grande Quinto" principe mago del 17° secolo come il suo modello più importante. Qui, il Kundun è altrettanto riuscito abilmente a posare un velo sopra il mondo oscuro della sua vita rituale occulta come sulle sue iniziazioni magiche sessuali di tantrismo. Ma ci sono voci e insinuazioni che permettono di sospettare che egli diriga anche deliberatamente o conduca questi riti tantrici di uccisione.

 

In un caso del tutto evidente è lui stesso che lo ha confermato. Possiamo così leggere nella più recente edizione della sua autobiografia come egli abbia messo in scena un rito collegato al Kalachakra Tantra, il giorno della morte di Mao Zedong. "Al secondo giorno di tre della cerimonia Mao morì. E il terzo giorno piovve per tutta la mattina. Ma, nel pomeriggio apparve uno dei più begli arcobaleni che mai si siano visti. Ero certo che fosse un buon auspicio" questo si sentì fuoriuscire dalla bocca del Dalai Lama (XIV Dalai Lama, 1990, 222). Il biografo di Sua Santità, Claude B. Levenson, in rapporti di questo rituale affermò che si trattasse di "una pratica estremamente rigorosa che richiedeva solitudine completa della durata di diverse settimane in combinazione con un insegnamento molto particolare del quinto Dalai Lama" (Levenson, 1990 p. 242). Ricordando la strana morte dell'imperatrice vedova Ci Xi e di suo figlio adottivo imperiale ci si può ben chiedere se questa "pratica rigorosa" non possa essere stata un rito omicida registrato nel Manoscritto d'Oro del"Grande Quinto". Nei circoli buddisti la morte di Mao Zedong è celebrata anche come la vittoria delle forze magiche/spirituali sulla violenza cruda del materialismo.

 

In tale contesto, e dal punto di vista magico tantrico la visita di Deng Xiaoping a Gyalo Thondup, uno dei fratelli del XIV Dalai Lama e lui stesso un tulku, può anche avere un significato importante. Thondup ha negoziato alla parte del governo centrale cinese la questione del Tibet. Deng morì pochi giorni dopo quell’incontro, il 12 febbraio 1997 (Playboy [edizione tedesca], marzo 1998, pag. 44).

 

Mandala in politica

Il XIV Dalai lama conduce costantemente e molto pubblicamente una pratica magica che è meno spettacolare, ma da un punto di vista tantrico altrettanto significativa per l'uccisione di un avversario politico - è solo che questa non è riconosciuta come un atto di magia. Stiamo parlando della costruzione di un mandala, in particolare il mandala di sabbia Kalachakra.

 

Abbiamo già riportato in dettaglio le omologie tra un mandala tantrico, il corpo di un yogi, l'ambiente sociale, e l'universo. Coerentemente pensato attraverso tale equivalenza significa che la costruzione di un mandala sia da considerare come un atto politico magico. Attraverso uno schema di magia un maestro di tantra può "energeticamente" occupare e rivendicare la posizione della sua costruzione e dei dintorni corrispondenti. Le persone nel raggio d'azione del potere di una tale costruzione architettonica magica sono influenzate dall'energia del mandala e la loro coscienza è manipolata da esso.

 

La sabbia del mandala Kalachakra serve quindi non solo ad avviare adepti ma, anche allo stesso modo come un titolo in magia del possesso e con il quale il controllo su un determinato territorio può essere legittimato. Di conseguenza, il potere magico del diagramma dà ai suoi costruttori la possibilità di conquistare simbolicamente nuovi territori. Si costruisce un cerchio magico (un mandala) e "ancora" nella regione nella quale esso è sostenuto. Poi una citazione supplica gli dei di prendere la residenza nel "palazzo mandala". (Il mandala è per così dire "energizzato" con le forze divine). In seguito un determinato territorio che è stato occupato da un mandala (o cosmogramma), si trasforma automaticamente in un centro sacro della cosmologia buddhista. [4] Ogni costruzione di un mandala implica, anche - se si prende sul serio - che equivale alla sottomissione tramite magia degli abitanti della regione in cui il "cerchio magico" è costruito.

 

Nel caso del mandala di sabbia Kalachakra i luoghi in cui è stato costruito si trasformano in domini sotto il controllo degli dei tibetani del tempo. Di conseguenza, dal punto di vista tantrico, il mandala Kalachakra costruito con grandi spese a New York nel 1991 sarebbe una dimostrazione cosmologica di potere che mirava a dire che la città oggi si trova sotto l'autorità del governo o dell’influenza spirituale di Kalachakra e Vishvamata. Dato che in questo caso fu il XIV Dalai Lama quello che condusse il rituale come il maestro supremo di tantra, che è dunque considerabile come il sovrano in magia spirituale della metropoli. Tali speculazioni fantastiche sono un prodotto di antica logica del suo sistema di magia, e sono incompatibili con le nostre idee. Siamo tuttavia convinti che le leggi della magia riguardino la realtà umana per il grado in cui proporzionalmente la gente creda in quelle.

 

Inoltre, non vi è dubbio che i diagrammi magici evochino un fascino eccezionale in alcuni osservatori. Ciò è confermato, ad esempio da Malcolm Arth, direttore artistico di un museo americano, in cui i monaci tibetani hanno costruito un mandala di sabbia Kalachakra: "Il visitatore medio spende circa dieci secondi per guardare un'opera d'arte al museo, ma per questa mostra, il tempo viene misurato diversamente e un momento equivale a delle ore. Anche i giovani, che entrano in museo e vi girano intorno come se fosse un parco giochi - a questi stessi ragazzi che camminano in quello spazio succede qualcosa. Sono trasformati" (Bryant, 1992, pp. 245-246). Il buddista americano, Barry Bryant parla anche di un "tipo elettrico di energia" che pervade lo spazio in cui si trova il mandala Kalachakra (Bryant, 1992, p. 247).

 

Tuttavia, ciò che la maggior parte delle persone in Oriente valutano come un piacere puramente artistico è vissuto dai lama e i loro seguaci occidentali come un incontro numinoso con forze soprannaturali e poteri concentrati all'interno di un mandala. Questa idea può essere estesa a tal punto che le mostre di opere d'arte moderne tibetane per i templi buddisti sono concepiti dagli organizzatori come dei percorsi di iniziazione attraverso i quali i visitatori consapevolmente o inconsapevolmente procedono. Mircea Eliade ha descritto la progressione attraverso un luogo sacro (tempio) in tempi antichi come segue: "Ogni processione rituale è equivalente a una progressione verso il centro e l'entrata in un tempio ripete l'entrata in un mandala in un'iniziazione o avanzamento della kundalini attraverso i chakra "(Eliade, 1985, pag. 253).

 

La grande mostra sul Tibet "Weisheit und Liebe" (Saggezza e Amore), in esposizione a Bonn nell'estate del 1996, così come in numerose sedi in tutto il mondo è stata progettata insieme a Robert AF Thurman e Marylin M. Rhie proprio su queste linee. Della concezione alla base di questa mostra, Thurman scrive, "è simbolicamente significativa". Si ... trae il principio guida sul mandala della "ruota del tempo" [Kalachakra], il sito mistico che incarna la storia e il cosmo del Buddha perfetto. ... "La disposizione dei singoli reperti riflette il deliberato tentativo di simulare l'ambiente di un tempio tibetano" (Thurman e Rhie, 1996, pp. 13-14).

 

All'ingresso si passava dal mandala di sabbia Kalachakra. Il visitatore quindi entrava nelle varie fasi storiche del buddismo indiano disposte in camere separate a cominciare con le leggende sulla vita di Buddha, poi Hinayana, Mahayana e Vajrayana. Il simulato "percorso iniziatico" portava al Tibet passando per le quattro scuole principali nel seguente ordine: Nyingmapa, Sakyapa, Kagyupa, e poi Gelugpa. In seguito il "visitatore / iniziato" aveva per così dire ottenuto gli insegnamenti segreti delle varie sette, lui o lei entrando nella "stanza" finale del tempio in mostra. Questa è stata ancora una volta, come dall'inizio, dedicata al Kalachakra Tantra.

 

Attraverso la costruzione di questa mostra la storia del buddismo e del Tibet è stata presentata come uno svago sul mistero giocato nel corso dei secoli. Ogni epoca nella storia della dottrina buddhista è considerata come una sorta di palcoscenico iniziatico nella progressione evolutiva dell'umanità che culminerebbe nella creazione dello stato globale Shambhala. Lo stesso ruolo iniziatico è stato riempito dalle quattro scuole tibetane. Tutte queste stavano - nell'interpretazione dell'espositore - in una relazione gerarchica tra esse. Ogni passo è stato basato su quello precedente: la gerarchia Sakyapa sulla Nyingmapa, la Kagyupa sulla Sakyapa e la Gelugpa sulla Kagyupa. Il messaggio era che la storia del Buddismo, in particolare in Tibet, aveva dovuto progredire come un’iniziazione attraverso le singole scuole e i sette passi uno dopo l’altro in modo da sviluppare ulteriormente la consapevolezza e quindi a far raggiungere il suo obiettivo più alto terreno nella persona del Dalai Lama.

 

Se la mostra sul Tibet a Bonn secondo le parole di Thurman si suppone abbia un significato simbolico, quindi il messaggio finale è catastrofico per il visitatore. Alla fine (!) l’immagine nella "mostra sul tempio" (prima del rientro nella stanza che contiene la sabbia del mandala Kalachakra) raffigurante la battaglia apocalittica per entrare in Shambhala o (come il catalogo letteralmente allude) l’”Armageddon buddista". [5] Vorremmo citare il testo esplicativo scritto con entusiasmo dal funzionario che ha accompagnato il thangka: "Le forze del Bene dal regno di Shambhala (scitto anche Shamballa) lottano contro le potenze del male che detengono il controllo del mondo in secoli futuri. Falangi di soldati vanno a combattere, grandi carri pieni di soldati, piccoli come lillipuziani che sono disegnati in battaglia con armi simili al laser e su enormi elefanti bianchi (!) Lancianti il loro fuoco e i fantastici elefanti mulinando insieme nella lotta sotto la sfera del regno" (Thurman e Rhie, 1996, p. 482). Davanti ai loro occhi questa visione sul giorno del giudizio i visitatori lasciano il "tempio" e ritornando al mandala di sabbia Kalachakra.

 

Ma chi è il dominatore di questo palazzo del tempo che è l’unico tempo di dio (Kalachakra) e della dea (Vishvamata)? Niente meno che il patrono della mostra sul Tibet a Bonn, “Sua Santità il XIV Dalai Lama”. Il quale ha distrutto la sabbia del mandala Kalachakra a Bonn nel rituale che abbiamo descritto sopra assorbendone le sue energie (gli dei del tempo residenti in esso). Se seguiamo ulteriormente questa logica tantrica, poi, dopo l'assorbimento energetico del mandala il Kundun (Dalai lama) assume il controllo sulla regione che era stata sigillata dal diagramma magico (il mandala di sabbia). In breve, egli è diventato il reggente spirituale di Bonn! Ripetiamo, questa non è la nostra idea ma è piuttosto l'antica logica del sistema tantrico. Che però in questo caso corrisponde con la realtà dimostrata dal grande successo che Sua Santità gusta nel Bundestag tedesco (Camera dei Deputati), che hanno visitato il suo "Tempio Kalachakra" a Bonn (nel 1996). Il governo Kohl (N.d.E. Lorella Binaghi ***) ha dovuto sopportare in seguito il suo banco di prova politico più severo nei rapporti con la Cina a causa della questione sul Tibet in esilio di Tenzin Gyatso (“XIV Dalai lama”).

 

Sparsi su tutto il mondo e in parallelo alle sue iniziazioni Kalachakra, i mandala di sabbia sono stati costruiti per il XIV Dalai Lama. Quello che appare ad un osservatore occidentale sembra un tradizionale prezioso lavoro artistico ma, nelle intenzioni è un sigillo degli dei tibetani fondato sul potere magico per il dominio del mondo dell'ADI BUDDHA (impersonato nella figura del Kundun).


Note

 

[1] La disciplina è in debito con l'austriaco, René de Nebesky-Wojkowitz, per la sua intuizione più profonda in demonologia tibetana con la sua grande opera, Oracoli e Demoni del Tibet. La sua morte precoce, e il suicidio della moglie poco dopo sono visti dal ricercatore Tantra, John Blofeld, come un atto di vendetta da parte degli spiriti che egli descrisse.

[2] Naturalmente, queste pratiche in uccisioni stanno in opposizione inconciliabile al comandamento buddista di non danneggiare alcun essere vivente. Per sorvolare su questa discordanza, i lama hanno una scusa intelligente a portata di mano: il maestro rituale impedisce alla vittima di perpetrare ulteriori cattive azioni che avrebbero solo l’onere di causargli un karma negativo che lo porterebbero certamente alla sua dannazione.

[3] Il Manoscritto d’Oro è considerato il precursore dei thangka neri, che emersero dapprima nel 18° secolo. I thangka sono stati sviluppati specialmente per l'evocazione delle divinità tantriche terrifiche. Lo sfondo delle immagini è sempre del colore più scuro; le scarse illustrazioni sono spesso disegnate in inchiostro oro - da cui deriva il nome Manoscritto d'Oro. Questa tecnica dà alle immagini un alone misterioso e pericoloso carattere. Divinità infiammate nella "terribile e buia primavera della notte cosmica", commenta Giuseppe Tucci (Karmay, 1988, pag. 22).

[4] Tale occupazione in magia non ha nemmeno bisogno di essere eseguita tramite un atto esteriore; un lama può mentalmente eseguirla soltanto attraverso il potere dell'immaginazione appositamente addestrata.

[5] Il testo in catalogo ha effettivamente utilizzato proprio il termine giudaico (N.d.E. Lorella Binaghi:
****) sul giorno del giudizio, lo stesso guru Shoko Asahara ha parlato di "Armageddon".


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